Spleen parigino

  • Anno: 2013
  • Pagine: 148
  • Collana: Lecturae
  • Formato: 13x21
  • ISBN cartaceo: 9788874873081
  • € 15.00
  • € 14.25

Traduzione e cura di
Angelo Ariemma

Bisogna sempre essere ebbri. Tutto è lì: si tratta solo di questo. Per non sentire l’orribile fardello del Tempo che vi spezza le spalle e vi abbatte verso terra, bisogna che vi inebriate senza tregua. Ma di cosa? Di vino, di poesia o di virtù, a piacer vostro. Ma siate ebbri.

Perché una nuova traduzione di Spleen parigino di Baudelaire? – si domanda nella prefazione al volume Tito Baldini, anticipando così l’indubbia curiosità di molti altri lettori.
I testi importanti – argomenta Baldini nel prisma della cultura psicoanalitica che gli è propria– «vivono organicamente» per sempre, si modificano, si adattano ai tempi, alla psicologia dei popoli e anche a quella degli appassionati curatori-traduttori.
La traduzione che vi approssimate a leggere – continua – merita attenzione perché nel suo implicito «parla» di una cura, quella dell’anima disperata e impossibilitata alla vita che diviene progressivamente meno monadica e difesa e incontra l’umano e – diciamolo senza timore – la speranza, l’«area dell’illusione», spazio metaforico tra cose presenti e non, viventi e non. Spazio che dà vita all’uomo. Che dà vita all’arte.
Il mio lavoro – ci confida il traduttore, Angelo Ariemma – è stato uno scavare, attraverso la parola del poeta, nella mia interiorità, per ritrovare le ragioni dell’esistere umano, al di là dell’apparire, nella reciproca condivisione di idee, sentimenti, affetti. Spero quindi che anche chi vorrà leggere questa traduzione, vi possa trovare quel prezioso senso di condivisione che ci fa umani, al di là dei tempi e dei luoghi, delle lingue e delle culture, delle storie di ognuno e delle mode imperanti.

autore

Charles Baudelaire

(1821-1867) vive nella Francia del Secondo Impero e ne vive tutta la crisi storico-morale, che sfocerà nella disastrosa guerra contro la Germania del 1870. Poeta maudit e intellettuale a tutto tondo, con I fiori del male apre la strada alla futura poesia simbolista. Nei Salons «inventa» la moderna critica d’arte e in questo Spleen parigino manifesta tutto il disagio dell’intellettuale nella società a capitalismo avanzato. Queste prose poetiche si potrebbero definire il manifesto di tale condizione, dove testi come Perdita d’aureola o Il vecchio saltimbanco ne sono l’emblema metaforico, in cui dolore, rimpianto, ma anche ironia, convivono nel tratteggiare una figura tanto più attuale oggi, nella società tecnologica e globalizzata, dove l’unico valore riconosciuto sembra essere il mercato. L’opera rappresenta un unicum nel panorama letterario, dove prosa e poesia si confondono in una dimensione che non è più quella del racconto, né quella del lirismo interiore; e la leggerezza della scrittura deve confrontarsi con la rivolta dell’animo, col pessimismo di chi sente di aver perso il proprio ruolo nella società.

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