Charles Baudelaire

(1821-1867) vive nella Francia del Secondo Impero e ne vive tutta la crisi storico-morale, che sfocerà nella disastrosa guerra contro la Germania del 1870. Poeta maudit e intellettuale a tutto tondo, con I fiori del male apre la strada alla futura poesia simbolista. Nei Salons «inventa» la moderna critica d’arte e in questo Spleen parigino manifesta tutto il disagio dell’intellettuale nella società a capitalismo avanzato. Queste prose poetiche si potrebbero definire il manifesto di tale condizione, dove testi come Perdita d’aureola o Il vecchio saltimbanco ne sono l’emblema metaforico, in cui dolore, rimpianto, ma anche ironia, convivono nel tratteggiare una figura tanto più attuale oggi, nella società tecnologica e globalizzata, dove l’unico valore riconosciuto sembra essere il mercato.
L’opera rappresenta un unicum nel panorama letterario, dove prosa e poesia si confondono in una dimensione che non è più quella del racconto, né quella del lirismo interiore; e la leggerezza della scrittura deve confrontarsi con la rivolta dell’animo, col pessimismo di chi sente di aver perso il proprio ruolo nella società.